In questo blog che raccoglie un po' tutto quello che ho fatto, rifatto, strafatto e anche malfatto nella mia quarantennale esperienza teatrale e poetica in dialetto pesarese, non ho mai ne scritto ne parlato di quella che è a mio parere la massima espressione del nostro vernacolo. Questo perchè scrivere e descrivere la poesia del Giansanti è cosa alquanto complicata e c'è il rischio di non rendere onore degnamente al valore delle sue opere.
Scrivendo e recitando il vernacolo della mia città, mi sono però reso conto della grandezza dell'opera Giansantiana, ed anche della difficoltà recitativa che essa comporta, non tanto per il significato di singole parole ormai oggi in disuso, quanto per la complessa costruzione poetica. Non è facile leggere o recitare le poesie di Pasqualon, per trovare la parola adatta, Pasqualon bisogna...studiarlo, leggerlo e rileggerlo continuamente, bisogna assimilarne i sentimenti, gli stati d'animo e per fare questo bisogna amare la sua poesia. Rimane il fatto che oggi Odoardo Giansanti è cosa da appassionati di vernacolo perchè sono ben poche se non inesistenti le rappresentazioni in pubblico delle poesie di Pasqualon. Paura di non saperlo fare, paura delle critiche, paura di non far ridere e divertire la gente che ascolta, chiudono il massimo poeta dialettale pesarese in una nicchia a se, viene occultato e relegato sempre, senza dubbio, con preziosità, sempre se ne parla con la massima deferenza, però, si ascolta pochissimo e così lo si dimentica.
Ma Pasqualon non va dimenticato, perchè chi recita, chi scrive il dialetto pesarese parte sempre, volente o nolente, dalla poesia di ODOARDO GIANSANTI detto PASQUALON.
F.F.
F.F.
nel 1942,avevo 5 anni,a casa di nonna Assunta dopo il pranzo di Natale il suo secondo marito ci leggeva il libro di Pasqualon.
RispondiEliminaNonho mai dimenticato come cominciava:el poeta Pasqualon,fort nemich di birbaccio ecc. umberta Ugolini torino